Questo è il tret delle recinzioni di Maigret, che aggiornerò via via che vado avanti nella mia meritoria opera filologica
Nov 28, 2014
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I - Pietr le Letton / Pietro il lettone E' questo il primo romanzo con protagonista il commissario Maigret, scritto a cavallo tra il '29 e il '30, e già contiene molti degli elementi che caratterizzeranno -con il tempo in maniera sempre più precisa- il famoso poliziotto e il mondo che lo circonda. Prima di affrontare il libro, è necessario quindi dilungarsi per qualche riga sulle caratteristiche della lunga e fortunata serie. Maigret -se mi si perdona la contraddizione dello spiegare un personaggio utilizzando altri personaggi a lui posteriori- unisce il tenente Colombo e il commissario Derrick: egli si trova a proprio agio sia nell'altissima società (come il tenente) che nei più degradati bassifondi (come il collega di Monaco); e, alle sue spalle, Simenon dimostra di essere anche lui esperto dell'uno e dell'altro milieu. Ed è proprio questa la cifra che fa dello scrittore belga un grandissimo autore: la capacità di immergere il lettore nell'atmosfera di un mondo conosciuto solo per sentito dire quale quello dei grandissimi alberghi o dei sordidi meublés, e di saperlo fare con pochissime frasi. Il che, per inciso, è anche ciò che ha renso vani i tentativi di portare Maigret sul piccolo e grande schermo. Eccezion fatta per qualche pezzo della collezione -e non il più riuscito- dal punto di vista giallistico Maigret non vale poi questo granché; e in ciò Simenon si situa agli antipodi di Agatha Christie, scrittrice dalle capacità poco più che elementari ma grandissima creatrice di intrecci. Il che spiega come nella media dalla Christie siano venuti fuori sceneggiati godibilissimi, e da Simenon noiosi polpettoni. Veniamo ora a Pietr le Letton, che possiamo definire un prototipo, come tale con aspetti positivi e negativi. L'azione si svolge, per l'appunto, tra l'Hotel Majestic sugli Champs Elysées e un sordido meublé del quartiere ebraico, il tutto con qualche puntata a Fécamp in Normandia. Deliziose le descrizioni dei tre ambienti, con parallelismi inaspettati (magistrale il contrasto tra il direttore del Majestic e la famiglia ebrea che gestisce il meublé, come pure quello tra le due donne, l'una miliardaria e l'altra profuga russo-polacca che animano la vicenda). E il contrasto non si limita ai personaggi, ma anche al confronto tra la vita parigina e quella di campagna: verranno poi romanzi in cui i due ambienti saranno descritti più in profondità: qui l'autore si limita a disegnare degli schizzi: efficacissimi, ma pur sempre schizzi. Quello meno riuscito, ahinoi, è proprio il personaggio del protagonista: non si può dir molto perché sveleremmo parte della trama, ma si può affermare che Simenon ha avuto un'idea molto brillante che gli è scappata di mano per immaturità, il che fa di Pietr un personaggio geniale ma un po' troppo artificiale. Se fosse stato scritto dieci anni più tardi, ne sarebbe venuto fuori un capolavoro.
- m.fisk
II - Le Charretier de la Providence / Il carrettiere della "Provvidenza"
Si può dire che il principale problema di Pietr il Lettone fosse la difficoltà di Simenon nel gestire la gran messe di idee e spunti che aveva nella testa e nella penna: il risultato è stato un romanzo dispersivo e troppo meccanico nello sviluppo della trama.
Probabilmente l'autore se ne rese conto, e infatti il secondo romanzo del ciclo è tutt'altra cosa: Simenon rinuncia a saltabeccare tra luoghi e ambienti diversi, e ambienta tutta la storia su un canale laterale della Marna e nell'ambiente dei conduttori di chiatte. La riscoperta insomma dell'unité de temps et de lieu: una rivincita postuma per Victor Chauvet.
Il romanzo ne risulta godibilissimo, sia dal punto di vista descrittivo che nello sviluppo psicologico dei personaggi: l'autore, potendosi concentrare su un numero ridotto di elementi, riesce ad approfondirli con la sua maestria e, soprattutto, la propria passione.
I canali navigabili sono infatti uno dei luoghi preferiti di Simenon, che ne farà uso molto spesso (e, del resto, in quegli anni egli stesso abitava proprio un'imbarcazione attraccata a Morsang, poco fuori Parigi): e proprio in questo romanzo la vita e il lavoro fluviali sono i veri protagonisti: si sente da ogni pagina che Simenon ama profondamente le chiatte, le chiuse, i cavalli da tiro e tutto quanto via sia correlato, tanto da riuscire a immedesimarvi il lettore che, una volta terminato il romanzo, l'impressione di aver passato anch'egli mesi conducendo quella vita.
Non mancano degli sprazzi di ricchezza, di belle donne e di vita parigina, ma sono per l'appunto sprazzi: in _Pietr_ il riccone era un finanziare in grado di comprarsi fabbriche di automobili in contanti, qui invece è un colonnello in pensione che stenta a mantenere il suo piccolo yacht e il suo tenore di vita, peraltro modesto. Parigi viene citata come luogo in cui si trovano signorine di facili costumi e si concludono affari poco puliti; e pure le belle donne sono sfiorite e troppo attaccate alla bottiglia.
Per contrasto, la vita semplice di coloro che faticano sull'acqua, svegliandosi molte ore prima dell'alba, ne risulta esaltata e forse perfino un po' idealizzata: ma non stona.
Dal punto di vista giallistico l'intreccio è più maturo: Maigret ha sempre un enorme culo nel rintraccio degli indizi che lo porteranno alla soluzione, ma perlomeno stavolta la trama appare possibile, pur se non ancora del tutto verosimile.
- m.fisk
sarà un tred lunghissimo, me lo sento :)
- PaperDoll
Consideri che ho un centinaio di titoli da affrontare
- m.fisk
III - Monsieur Gallet, décédé / Il signor Gallet, defunto
Ambientato tra Sancerre e Parigi, il terzo romanzo del ciclo (ma primo ad essere pubblicato) parte con una certo abbrivio ma si perde via via in complicazioni francamente eccessive perfino per un lettore disposto a sospendere incondizionatamente il proprio senso critico. E, giunti alla soluzione del caso, resta l'amarezza di essere stati ingannati da una storia talmente inverosimile da rasentare il ridicolo.
Ma, non ci stancheremo mai di ripeterlo, se volessimo storie che filano come ingranaggi d'orologio ci rivolgeremmo ad altri autori: noi invece cerchiamo personaggi e paesaggi. Questi ultimi (i paesaggi) sono qui meno sviluppati, ma le figure che girano attorno al nostro commissario sono delineate con notevole precisione. Simenon sta trovando il suo stile, ed emblematica in tal senso è la figura di Aurore (la moglie del defunto), del castellano Tiburce e soprattutto due personaggi minori quali il direttore dell'albergo di Sancerre ove Maigret alloggia e l'edicolante ebraico, che emergono vividissimi dalla pagina tanto che ci sembra di poter loro stringere la mano.
Una volta scolpite le sue figure all'autore rimane poco spazio per disegnare una soluzione plausibile del giallo, e così Simenon tira fuori dal cappello espedienti narrativi ottocenteschi (c'è perfino l'agnizione, roba stantia anche per Dumas figlio). Glielo perdoniamo, seppur con un po' di fatica.
- m.fisk
Non recinti troppo
- .mau.
Se non fosse per le recinzioni avrei lasciato a metà quello che sto leggendo ora, e che invece merita.
- m.fisk
IV - Le pendu de Saint-Pholien / Il viaggiatore di terza classe / L'impiccato di Saint-Pholien
Simenon in questo romanzo spedisce Maigret a Liegi.
Il nostro contorto autore non ama le soluzioni semplici, e difatti per farlo arrivare costà gli fa fare un giro con tappe Bruxelles-Brema-Parigi-Reims: non proprio il più corto, ed è l'occasione per raccontarci qualcosa della perseveranza di Mairet, che rasenta la testadaggine.
Altro punto di interesse, il delitto; che delitto non è trattandosi di suicidio. Ciò non nuocerebbe alla trama, dato che ben si può indagare su di un suicidio per accertare che il medesimo sia tale; il problema è che ad assistere al suicidio c'è un testimone oculare degno di fede: un grosso e burbero commissario della Police Judiciaire con il vizio della pipa (chi scrive ritiene che allo sviluppo del plot non sia estranea l'influenza di The Murder of Roger Ackroyd, uscito cinque anni prima; si tratta di una balzana idea personale, ma il thread è mio e quindi non arriverà un amministratore di wikipedia a cancellarmela in quanto "ricerca originale").
La trama si svluppa con i consueti punti di forza nella descrizione degli ambienti degradati (splendidi quei panini con i wurstel che ossessionano Maigret e dei quali sembra quasi di sentire l'odore di stantio) e delle classi sociali (la famiglia che esercita l'erboristeria di Rue de Picpus è un'efficacissima rappresentazione dell'eterna lotta tra proletariato e sottoproletariato).
Il romanzo potrebbere scorrere tranquillamente verso il suo tranquillo epilogo quando, inaspettatamente, prende una svolta con l'arrivo a Liegi del commissario: e qui di colpo si ravviva, si colora di toni più vivi. Vivi per modo di dire, dato che tutta l'atmosfera di Liegi è di un immenso grigiore: ma un grigiore che letterariamente appare splendido.
Occorre qui sapere -l'ho tenuto per me fin qui- che Simenon a Liegi ci era nato, e quindi nell'epilogo del romanzo non fa che descrivere i luoghi della sua città. E non solo i luoghi, invero, dal momento che l'impiccato di Saint-Pholien è esistito davvero, ed era proprio un amico dello scrittore, membro come lui di una sorta di compagnia segreta chiamata "La Caque" che nel romanzo diverrà "Les Compagnons de l'Apocalypse".
Del finale non posso dire granché, ma vale la pena di arrivarci d'un fiato. Come si potrà mai concludere un poliziesco che parla di un delitto che delitto non è? Ci saranno degli arresti, o quantomeno dei colpevoli?
Val la pena di leggerlo solo per rispondere a queste domande.
- m.fisk