Le Benevole - http://www.anobii.com/books...
Sep 27, 2011
from
laic.
- Benji
solo a me non è piaciuto? farò autocritica, mi stanzetterò.
- ToMtOm
no, anche a lerner non era piaciuto.
- Benji
A fine lettura pensai che fosse un tentativo di mescolare Palahniuk, Klaus Mann e Bret Easton Ellis.
- ToMtOm
io non ho retto l'ultima parte (aue in casa da solo che delira) ci sono tipo quelle 90 pagine di troppo. ecco.
- lapiccolacuoca
gli scrittori e i loro sogni eccheduecoglioni2, signoramia
- lapiccolacuoca
30 pagine di elucubrazioni e poi "ah, ma era un sogno"- quel rant l'abbiamo già fatto, mi sa.
- Roux
'un capolavoro con 200 pagine di troppo' is the new 'la gioconda me pare n'omo'
- ToMtOm
"un capolavoro con 200 pagine di troppo" is de niu "la colonna sonora di tsn è sbagliata"
- bgeorg
biggiorgio t'ha detto che sei come vanz. io mi suiciderei.
- Vergine Chiacchierata
i capolavori devono sempre rompere i coglioni.
- chamberlainn
non ho letto il libro, ma lui lo vedo spesso, mi ha detto che il libro lo ha scritto quasi tutto in sauna.
- grinder sorpresa
(magari mi prendeva per il culo eh)
- grinder sorpresa
la disinvoltura con cui fran outa la gente.
- Vergine Chiacchierata
il nostro Mancuso.
- ToMtOm
epperò: eNZO tra 90 e 200 ci sta quella cosa chiamata matematica,
- lapiccolacuoca
oppure il font più grande.
- Roux
200 è un iperbato. Le levi e acquista tutto più equilibrio.
- Benji
io per esempio avrei tolto Stalingrado, aggiunge un'aria irrespirabile di crollo e disperazione
- Paolo Landi
ma sono solo io che istintivamente leggo il titolo "le benevòl", alla francese? ma perché mi succede?
- vic
enzo, secondo me se quegli errori sono imprescindibili per farne un capolavoro, significa che non sono errori. Se si pensa invece che siano errori è possibile che il giudizio vada rivisto, poiché l'idea originaria per cui "i capolavori devono avere delle imperfezioni", a parte la dubbia nozione di capolavoro, mi pare un equivoco, anche se viene spesso ripetuto (confusione tra contenitore e contenuto). Entrando nell'esticazzi a me il libro è piaciuto molto ma non sono in grado di formulare un giudizio meditato. Di primo acchito mi pare però che gli elementi indicati come errori siano invece del tutto coerenti e funzionali con l'impasto del personaggio e con l'impianto generale e che semmai ci sia, se mi è permesso dirlo, un errore di approccio, cioè si tenda a leggerlo come altro da ciò che è (dire che in quei passi vuole fare Céline senza riuscirci mi pare un esempio di questo errore. Al limite sta facendo Schnitzler?). Io insomma trovo che, per fare un elenco di perplessità lette in giro: il finale rocambolesco degno di un romanzo di cappa e spada in versione dopobomba con tanto di morso al naso (e precisazione beffarda: non è stata riportata dagli storici perché i testimoni sono tutti morti, ehi, ma questo non era un romanzo storico?), così come il cliché dell'ufficiale nazista raffinato intellettuale che ama la musica barocca (ma con una significativa differenza: nell'immaginario cinematografico di solito è condito da fanatismo e disprezzo della bestia bionda per le razze inferiori, qui invece, felicissima scelta, da un'adesione del tutto razionale al nazionalsocialismo presentato - altro cliché - come esito naturale della linea romantica, adesione che sfocia in un senso del dovere e della coerenza di fronte all'orrore, riconosciuto come tale, che si trasforma in autopunizione), così come l'incesto-parricidio-matricidio e in generale i temi edipici e i deliri erotici malati da morte a Venezia, così come le lunghe allucinazioni narrate con un onirismo da fanfara mahleriana, completamente circondate da una scrittura al contrario fredda e minuziosa al limite della pedanteria ma che di continuo si apre su espedienti romanzeschi palesi e sbandierati, così come gli elementi di sfacciato melodramma, ecco io trovo che siano tutti elementi che si tengono perfettamente, funzionano, apparenti lungaggini comprese e da essi la figura di Aue emerga con una statura ciclopica proprio perché - qui si può dirlo - intimamente imperfetta e contraddittoria, un super-personaggio romanzesco d'altri tempi. Perché questo è l'enorme romanzo di Max Aue, nazista, non è un documentario su "cosa è veramente stato il nazismo per chi ci credeva davvero, lettere e testimonianze". E al di là del giudizio critico, di cui non sono capace, e del numero di stellette che gli si può attribuire in base al proprio gusto, ciò che mi impressiona del libro è proprio la capacità di tenere il punto e il tono per 900 pagine senza sostanziali cadute (al posto di quelle che sono state citate qui e altrove, che per me non lo sono affatto, io nel mio piccolo ho un dubbio su un solo passaggio forse didascalico e che pare quasi un'aggiunta - pag. 569-573 edizione italiana - in cui il tono cambia di netto e ricompare l'io narrante dell'introduzione, quell'uomo amareggiato e pieno di autogiustificazioni intellettuali che se là ci sta, qui forse non del tutto).
- bgeorg
biggiorgio l'unica roba che io ho trovato ridondante è quando si rifugia nella villa della sorella (per il resto aue rimane uno dei personaggi più densi che abbia letto in questi ultimi 15 anni. per certi versi la freddezza contradditoria e razionale del personaggio mi ha ricordato sorel, con ovvio tutte le differenze di romanzo e storia.)
- lapiccolacuoca
(giovanna, probabilmente è una cazzata, ma "stendhal" è un nome che mi ronza in testa da quando ho chiuso il libro).
- bgeorg
ma pure Dante
- Paolo Landi
forse è l'analisi precisa sulle peggio motivazioni, senza moralismi di sorta. dico forse.
- lapiccolacuoca
enzo, sì avevo inteso che ti riferivi a quella parte, ma secondo me proprio lì non sta facendo céline, non sta facendo l'autore filo-nazista, sta anzi - lo dico mettendomi il casco di ghisa, ovviamente, tanto siamo su frenfi e vale tutto - raccontando il delirio irrazionalista come uscirebbe dalla penna di un anti-nazista, un po' il contrario di quanto si dice di solito delle benevole che sarebbe il mondo visto dai nazisti. sta insomma facendo castorp che delira nella neve. per entrare in campi minati: non è che il libro, piuttosto che rappresentare, come si ripete sempre, il punto di vista dei nazisti, il nazismo per sé, mette le mani invece nel nostro modo di immaginarlo, nel nazismo in noi? e del resto che l'orrore sia una nostra permanente possibilità, da cui ci salva più il caso che una qualche differenza ontologica, aue non fa che dirlo per tutta la durata del suo racconto. che poi gli si debba credere del tutto è un altro paio di maniche.
- bgeorg
infatti io non l'ho letto come il mondo visto dai nazi, ma come la spiegazione di aue che tutti possiamo essere nazi, essere bravissimi a fare il proprio mestiere al meglio, l'etica del lavoro applicata al lager, e ammetto che ammè aveva abbastanza affascinato come impostazione.
- lapiccolacuoca